mercredi 24 septembre 2008

Test@mento allo stolto

Esordì convinto :
- « E’ andato tutto bene non poteva andare meglio sai certe cose te le senti dentro e quando dal mondo ti arrivano dei segnali positivi ti sembra di essere all’interno di un ingranaggio ben più grande non so come spiegartelo alcuni lo chiamano destino altri provvidenza ma la sensazione è sempre quella di avere le mani dolcemente legate da qualcuno che ti guida passo dopo passo…capisci?”

L’uomo continuava ad ascoltare dall’altro capo della cornetta:
- “Mmmh, credo di no…”

- “Come posso dire avevo questo test no? E’ un bivio decisivo e sono successe varie cose per esempio mi sono distrutto una caviglia qualche giorno prima giocando a calcetto anche se era una partita blanda io non mi reggevo in piedi perché non mi alleno da tanto un paio di anni fa andavo in palestra lo so, non si vede.
Ad ogni modo l’infortunio è arrivato in orario perché potessi abbandonare le stampelle il giorno stesso della partenza per Trieste! Capisci ora? Oltretutto entro in albergo giusto in tempo per guardarmi i goal della domenica dal televisore che stava di fronte al mio letto. C’era perfino la doccia il lavandino gli asciugamani un po’ ruvidi e le saponette che ovviamente mi sono fregato. ”

-“Non ti seguo…che c’entrano le partite?”

- “Lascia perdere…dicevo, senza inoltre contare il segno più tangibile di tutti! Senti questa…sono partito per Trieste il giorno del MIO compleanno alle 17 in punto…capisci? L’esame era il mattino seguente, lunedì scorso! Non capita a tutti che il giorno del compleanno coincida con il momento più importante della propria vita escluso il giorno della nascita ovviamente che in effetti è il tuo primo compleanno in un certo senso se ci pensi, no?”

- “…”

- “Dai, non può essere andato male ci sono troppi segnali, tanti. La prova di francese c’era scritto nel bando era alle quattordicietrenta così mi sono presentato alle quattordiciedieci ero molto stanco avevo dato inglese la mattina, presto. Sapevo di essere in anticipo ma non avevo niente da fare e alle quattordiciedieci ero già in facoltà. In realtà tutti erano già dentro, seduti. Capisci? Sono arrivato in ritardo ma non troppo perché l’esame la professoressa me l’ha fatto sostenere mi ha detto entri pure, si sieda! Non mi ha pensa neppure guardato di traverso come fanno di solito i professori in queste situazioni, sai di che parlo."

- “In realtà io lavoro da una vita…”

- “Ah beh, sì hai ragione. Eppure non può essermi andato male avevo mdolore al piede no? Bene sono partito comunque anche stoico se vuoi però meno camminavo meglio era, zoppicavo. Non ci crederai mai ma mesi fa ho prenotato l’albergo proprio a fianco della facoltà! E’ un segno! Non sapevo che mi sarei fatto male al piede! E se ancora non sei convinto di fronte una pizzeria la vedevo dalla finestra della mia camera attraverso le impalcature non dovevo percorrere neanche dieci metri…capisci adesso che voglio dire?”

L’uomo assunse di botto un’espressione divorata dalla preoccupazione:
- “A…a che ora hai detto che sei partito il giorno del tuo.. compleanno?

- “Beh…avevo l’aereo delle diciasette per Venezia…”

L’uomo divenne un fiume in piena:
- “A…allora ti hanno respinto sicuramente a quel test là, il diciassette porta una sfiga tremenda! Mi dispiace ma certe cose nascono con il piede sbagliato con una specie di maledizione addosso che noi non possiamo fare niente per esorcizzare qualunque sforzo è vano! I numeri i simboli indirizzano gli eventi della nostra vita il gatto nero la scala lo specchio che si rompe il sale che cade sono manifestazioni del nefasto… ”

-“Senti fermati, ti saluto, non ti facevo così superstizioso. Ciao.”

Click.

vendredi 5 septembre 2008

Io traduco - 1984


Era un chiaro e freddo giorno d’aprile e gli orologi scoccavano le tredici. Winston Smith, il suo mento a strofinarsi nel petto in uno sforzo per sfuggire al vento abietto, scivolò velocemente attraverso la porta di vetro della Magione Vittoria, sebbene non così in fretta da impedire a un turbine di polvere granulosa di entrare con lui.
Il corridoio odorava di cavolo bollito e di vecchi stracci sfilacciati. Alla fine di questo, un poster colorato, troppo grande per essere mostrato al chiuso, era stato appuntato al muro. Presentava semplicemente un viso enorme, ampio più di un metro: il viso di un uomo sui quarantacinque, con un grosso baffo nero e dai tratti irregolarmente attraenti.
Winston si diresse verso le scale.
Era inutile provare a prendere l’ascensore. Anche nei giorni migliori funzionava a singhiozzo e ora la corrente elettrica veniva staccata durante le ore di luce. Ciò faceva parte della campagna di risparmio in preparazione della Settimana dell’Odio.
L’appartamento stava sette piani sopra e Winston, che aveva i suoi trentanove anni e un ulcera varicosa sopra la caviglia destra, procedette piano, risposando diverse volte durante il cammino. Su ogni piano, di fronte al pannello dell’ascensore, il poster dalla faccia enorme fissava con insistenza dal muro. Si trattava di una di quelle immagini che son fatte in modo che gli occhi ti seguano nei movimenti. IL FRATELLO MAGGIORE TI OSSERVA, recitava la didascalia sottostante.

Dall’interno dell’appartamento una voce pastosa leggeva a voce alta una serie di numeri che avevano a che fare con la produzione della ghisa.
La voce proveniva da una placca metallica oblunga simile a uno specchio opaco che costituiva parte della superficie della parete di destra.
Winston attivò un interrutore e la voce in qualche modo si abbassò, sebbene le parole rimasero distinguibili. Tale strumento (che veniva chiamato il telescreen), poteva essere abbassato, ma non v’era modo alcuno di spegnerlo completamente.
Si spostò alla finestra: una piccola, fragile figura, la magrezza del suo corpo appena messa in risalto dallA camicia blu che era l’uniforme del partito. I suoi capelli erano biondi, la sua faccia di un sanguigno naturale e la sua pelle irruvidita dal sapone scadente, dalle lame smussate del rasoio e dal freddo dell’inverno che era appena terminato.

Nota del traduttore:
Big Brother = Fratello maggiore, per dio. Devo ammettere però che Grande Fratello suona meglio
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