mercredi 26 décembre 2007

Da grande farò l'astronauta



Non riesco a capire per quale motivo mi si rubino le idee.
In un periodo nel quale il mio futuro è in bilico, pensavo di avere trovato la chiave: reporter d'assalto in Corea del Nord. Mi sarei intrufolato in un peschereccio giapponese promettendo di rendere ogni giorno il ponte lucido come uno specchio. D'altra parte qualcuno mi dice che rifletto troppo. Poi mi sarei tuffato in acqua a 500 metri dalla costa nordcoreana assicurando l'attrezzatura da giornalista dal contatto col Mare di Giappone. Con del cellophane. Poi avrei nuotato fino a riva, questo era il piano.
Mi intriga quel posto fuori dal mondo, dove il leader è dio e dove la coscienza è unica.
Non sanno niente dell'11 settembre, per dire una cazzata. Credo vivano in pace: la schiavitù è una romantica passeggiata mano nella mano se la libertà non riesci neanche a concepirla.
Ad ogni modo, pensavo nessun occidentale ci fosse mai stato e di avere in mano lo scoop del secolo: un reportage dall'interno sfidando la censura di Pyongyang e da vendere a peso d'oro a tutte le agenzie del mondo. Era notte tarda e vagheggiavo un po' troppo. Deliravo, e i fumi son durati sino a stamattina e al mio ritorno sulla Terra: una breve ricerca su Google scaccia sempre le mie idee strampalate. Sono già stati scritti libri, articoli, pubblicate testimonianze.
Non in quantità industriale però. Si sa poco. Quasi quasi...



Nella foto in alto, Antonio Meucci ha tutta la mia solidarietà.








samedi 22 décembre 2007

A volte...

...hai la sensazione di non vivere nel reale e che tutti i tuoi problemi siano solo fesserie.
E' un po' come mi sento oggi, vivo.

jeudi 20 décembre 2007

Per un pelo

oggi ho perso una vita.
non so quante vite ho ma spero tante.
ero in macchina con kekko e un fuoristrada è passato oltre lo stop.
andava veloce la strada era stretta mi avrebbe preso in pieno ero nel lato del passeggero lo stop alla mia destra.
un uomo con il berretto e la faccia tonda ha visto la scena l'ha insultato oh maccu!
cazzo quanto mi è mancata cagliari.
però potevo rimanerci secco che scherzi sono.
dopo l'ambulanza l'ospedale la bara e tutto il resto sarebbe partita la musica che la gialappa's accompagna ai video delle eliminazioni del grande fratello poi le immagini della mia laurea delle mie stronzate delle mie avventure dei miei progetti ci piace ricordarlo così.
anche con qualche risata in sottofondo non mi offenderei.
vorrei solo sapere quante vite mi restano. per regolarmi. così mi registro la puntata.

lundi 17 décembre 2007

Natale 2007

Fra qualche ora parto, è l'una e trenta e l'aereo decolla esattamente fra nove ore.
Insomma, dovrei dormire.
Capita però nei momenti meno opportuni che avverta la necessità di scrivere.
La sua energia non è semplice da controllare, è un bisogno che tocca tutte le note, parte dalla pancia per irradiarsi caldo verso lo sterno, travestito da musica.
Se non scrivo, la sua melodia stona e punge le corde sgradite. Fa male, ve lo assicuro.
Ma se decido di farlo, una tiepida armonia di suoni cura le ansie rendendole concrete e comprensibili mentre le preoccupazioni diventano docili e obbedienti come velenosi serpenti agli ordini del pifferaio magico.
Scrivere è fisiologico, come se anche il nostro spirito avesse bisogno della sua cagata quotidiana. Poi guardi la carta igienica e controlli tutto vada per il meglio.
Sicuramente è per questo che talvolta mi spavento alla vista delle cose che escono dalla mia pancia. Mi riferisco a quello che succede al termine del secondo tipo di cagata, quello più nobile. Nei momenti di particolare felicità tendo a diventare scioccamente fatalista, mentre lo scoramento porta con sè i toni pomposi dell'epica da quattro lire: in ambedue i casi non mi ci riconosco mai dentro, invischiato in quelle righe melmose così maleodoranti e strette: non mi piace mai ciò che sostiene la carta igienica. Tuttavia, scrivere mi consente di mollare gli ormeggi dal mondo reale e non c'è passatempo più appagante. Perciò domani torno a casa per Natale e lo scrivo: rientro alla base per ricaricare le pile.

Rispetto all'anno scorso è un ritorno a casa diverso; se ricordo bene, e la mia memoria è meno affidabile di un salumiere senza bilancia, dodici mesi fa il morale toccava qualche tacca in più del claudiometro. Al minimo, sapevo che sarei ritornato a gennaio, avrei seguito i corsi del secondo semestre, avrei studiato, avrei dato gli esami... insomma, un futuro delineato nei punti cardine. Il fatto che le cose poi siano andate in modo leggermente diverso non sminuisce la sicurezza che avevo un anno fa e, ad ogni modo, sono contento del mio primo anno fuori fra Bologna e Parigi. Oggi però l'orizzonte è più incerto: potrei continuare a studiare solo se un santo dal cielo (esiste un santo protettore degli studenti? Avrei qualcosa da dirgli) mi regalasse la passione per un corso di studi che ha esaurito il suo fascino. Chessò, un dio pagano che scocchi una freccia stimolante anche a costo di essere denunciato per plagio. Pago io i diritti a Cupido. Ma forse ho bisogno di nuovi stimoli, non di frecce che indichino vie già percorse.
Inghilterra, Francia, Bologna, Milano, Perugia... tanti sono i pensieri e le idee che oggi neanche scrivere riesce a rendere meglio decifrabili. Cagliari e tutte le persone che vedrò mi aiuteranno.
Cosa fare d'altronde se ciò che vorresti dalla vita, la tua aspirazione, è al di fuori delle tue possibilità? Rimboccarsi le maniche. Su porceddu macchia. Buon appetito.

Risveglio

Si svegliò accanto a lei e tutto iniziò a prendere forma: la stanza dalle pareti indaco cominciò la sua danza e il respiro di lei tentennava sommesso nell'aria.
Si era addormentato solo e malinconico fra mille pensieri senza inizio nè fine, avvolto nella sua calda coperta di lino e fermo nella volontà di dare un nome a tutte le emozioni senza volto che lo perseguitavano. Anche se fosse l'ultima cosa che faccio, pensava poco prima di essere rapito dal sonno.
Quando aprì gli occhi e la vide non si chiese perchè mai si trovasse lui di fianco ma si limitò a guardarla e sorridere. Era forse vittima di un'illusione magistralmente creata, o della sua stessa pazzia, tuttavia non la toccò per accertarsene. Forse pianse, ma non lo diede a sentire.
Quanto aveva riposato? Forse erano passati giorni, probabilmente degli anni. Non era questo il suo cruccio: le stagioni cambiano ma in fondo sono solo quattro. Niente si crea e tutto si trasforma per poi, infine, restare uguale.
Non la svegliò.
Stancamente, si trascinò verso il bagno e dopo uno sguardo allo specchio si voltò verso il letto. Lei era ancora lì e lui pure. Siamo reali, pensò. Girò verso destra il rubinetto dell'acqua calda e riempì fino all'orlo la vasca. Poi buttò dentro un piccolo rasoio, che ben presto affondò.
Lei non si svegliò mai e lui si addormentò placido nell'acqua divenuta di liquido rubino: chi venne a bussare non ottenne risposta.

jeudi 13 décembre 2007

Chernobyl


Stasera leggevo un servizio di Repubblica dedicato a Chernobyl e più precisamente a due pareri contrastanti sugli effetti del disastro nucleare sulla fauna del posto. Secondo entrambi gli scienziati, in sostanza, se guardiamo in cielo vediamo sfrecciare stormi di rondini albine (a patto che le rondini albine non si confondano con le nuvole) mentre per le strade vagabondano centinaia di gatte che sfornano solo gattine. Giù all'angolo, i lupi mangiano un lupo.
Gli studiosi divergono solo nell'interpretazione della situazione attuale: gli animali sono mutati geneticamente in maniera irreparabile a causa dell'uomo oppure sono l'emblema della resistenza incrollabile della natura sulle nostre azioni? Bicchiere mezzo pieno, mezzo vuoto. Non mi interessa più di tanto.
Il risvolto che mi intriga di più riguarda Chernobyl come unica concreta realizzazione dell'immaginario post-apocalittico presso il senso comune: non esiste altro luogo al mondo che possiede tutti i tratti distintivi di quel tipo di "letteratura".
Sembra quasi che Chernobyl sia sempre esistita per quanto bene era già stata descritta dai film, dai libri e dai racconti fantastici.
In realtà, noi occidentali siamo più attenti al momento che precede la catastrofe piuttosto che alle fasi immediatamente dopo: sicuramente ci sono Asimov (carino Paria dei cieli), Dick e pochi altri. L'Ombra dello Scorpione di King non è male. Al contrario al cinema siamo pieni fino al collo di utopie pre-apocalittiche con protagonisti, a turno, il meteorite, l'alieno e il clima.
Il meteorite di Deep Impact è stato candidato all'Oscar e per qualche tempo si è ritagliato uno spazio importante sulla scena. Lo chiamavano dappertutto e ha girato un sacco di film. Ora fortunatamente sembra si stia godendo il successo lontano dai nostri sguardi ma temo torni, presto o tardi.
Ad ogni modo, la già inceppata macchina creativa post-apocalittica si è fermata perchè è accaduta una magia: l'esplosione del reattore in Ucraina. Di colpo non c'era più nulla da fantasticare, niente da predire o provare a spiegare senza farsi contaminare dalla delusione per l'avverarsi di quelle profezie.
Le città fantasma non sono una certo una novità ma Chernobyl è, per tutto ciò che rappresenta, per la sua storia, un'indigeribile concretizzazione, troppo più completa, affascinante e seducente di ciò che si provava a far immaginare. Inutile continuare a masturbarsi, così da quel giorno non abbiamo più niente di ispirato.
Come se Walt Disney fosse venuto a sapere che Topolino esiste davvero e che è identico a come lui l'ha creato. Ci rimane male, poco ma sicuro.
Se in futuro affiorasse dagli oceani la presenza della Terra di Mezzo precisa come l'ha descritta Tolkien e questi fosse ancora vivo per visitarla, verrebbe ucciso nel suo orgoglio di demiurgo. E si rifuterebbe di favoleggiare ancora, svilito.
I giapponesi hanno azzardato qualcosa in più, soprattutto nell'animazione, ma anche loro dopo Chernobyl un po' ci sono rimasti male.
Peccato, è un'ambientazione che ha molto da dare, quell'esplosione ha rovinato tutto.

Nella foto in alto, solo come un cane.

samedi 8 décembre 2007

Il ritorno dei Tombaroli - Presentazione del team

Le missioni suicide solitamente sono materia per lupi solitari.
I Tombaroli, da quanti sono, potrebbero trainare una slitta: addirittura undici.

E' un peccato, fossero stati otto il loro numero avrebbe fatto rima con canotto e l'avventura sarebbe nata sotto una buona stella.
Io credo ai segnali, alle piccole cose e nelle briciole del destino, dovremmo farlo tutti. Ne abbiamo bisogno.
In realtà è difficile qualcuno non risponda all'appello e allora addio rima e addio buon esito: undici non fa rima con niente di utile. Ogni tanto però il fato si sbaglia, o ci confondiamo noi nell'interpretarne le indicazioni. Mi è capitato un sacco di volte ma nonostante tutto continuo a credere nella validità delle coincidenze, delle casualità e in tutti i sintomi del destino; è rassicurante farlo, in qualche modo ti esonera dalle responsabilità.
By the way, il registro degli assoldati per ora segna me medesimo, Ski, Marco, Andre, Lidio, Pitz, Mario, il Quaquero e Emi. Febo ha risposto per ultimo alla chiamata e, vi giuro, ho tirato un sospiro di sollievo: senza ci saremmo giocati l'attenzione di tutte le teenager.
Zuccard per il momento è irreperibile, ma ci sarà. Confido che anche lui non abbia un cazzo da fare.
Conferme in attesa e eventuali rinunce a parte, per ora si salpa in undici.
Il gruppo è ben assortito.
La bionda immagino si faccia pure gli assenti.
Il nucleo originario dei Tombaroli è custodito nell'esperienza di Ski, Zuccard, Emi, Febo e Pitz, Mario e me sottoscritto medesimo stesso. Negli anni le abilità strategiche di Quaquero, il talento mimetico di Andre e la caparbietà in azione di Lidio hanno permesso alla compagnia di allargarsi. Vediamo un po' nel dettaglio le peculiarità degli ingranaggi che fanno muovere una perfetta macchina da guerra:

Ski: è l'autista del gruppo. Esperto in materie esoteriche e nella fermentazione del luppolo, sarà lui a dover stanare Lady Murgia dall'aldilà per poi rinchiuderla fuori da questo mondo sino all'eternità.
Zuccard: é il Dr. House del gruppo. Qualsiasi cosa venga proposta è sicuro lui non si troverà d'accordo, ma state certi che in meno di un secondo illustrerà una tattica migliore. Recentemente rimasto vedovo, la conquista della Chiesa di San Sebastiano è per lui l'occasione di ricominciare.
Emi: è il cameraman del gruppo. Se i Tombaroli sono un po' narcisi, Emi è lo specchio d'acqua dove riflettersi. Esperto cronista specializzato in tecniche di montaggio, è imprescindibile in sala di registrazione quando grazie alle sue abilità perfino la peggio puttanata assume un senso. Mai uscire senza.
Febo: è il corazziere del gruppo. Esperto in tecniche di lotta corpo a corpo, assume un ruolo di primaria importanza quando un masso troppo pesante ostruisce la strada o quando la macchina rimane impantanata nel fango. Sarà lui che dovrà forzare la porta della Chiesa e perciò, se Lady Murgia è in grado di rubare l'anima altrui, strappare la pelle con il solo sguardo o di lanciare qualsiasi altro sortilegio nefasto che uno spirito dannato possa permettersi, sarà lui il primo a morire
Pitz: è il segugio del gruppo. Grazie alla sua formazione agraria è in grado di fare la cronistoria di ogni tipo di terreno e interpretare infallibilmente ogni traccia: sarà lui a dirci se qualcuno ci ha preceduto. Utilissimo nel caso di smarrimento dei porri.
Marco: è il mediatore del gruppo. Appena tornato dalle crociate d'Inghilterra fornirà la squadra di un'alternativa: l'uso della parola prima delle armi. Agisce meglio di chiunque altro dove la pistola non arriva e avrà un ruolo decisivo nell'aiutare il fratello Ski a spedire Lady Murgia all'inferno.
Mario: è il torturatore del gruppo. Esperto in tecniche di persuasione e già agente del Gonganbu, avrà il compito di interrogare gli abitanti del Sarcidano se non dovessero avere effetto gli inviti garbati di Marco a rivelare l'esatta posizione del tesoro. Sì, da qualche parte nella Chiesa c'è pure il salvadanaio del Conte Murgia, mica ci muoviamo solo per la gloria. Nel suo zaino non mancano mai sottili e aguzzi spilloni da infilare sotto le unghie del proprio interlocutore.
Nicola Q: è il responsabile dell'equipaggiamento del gruppo. I Tombaroli sarebbero una manica di folli allo sbaraglio senza la cura che Quaquero ripone nella preparazione degli zaini.
Privati del suo fondamentale apporto, al momento di estrarre dalle sacche armi, torce e funi i Tombaroli non troverebbero che birre e fumo. E Lady Murgia non ha certo bisogno di una serata reggae.
Andre: è l'infiltrato del gruppo. Le sue qualità mimetiche sono perfette per qualsiasi tipo di missione silenziosa. Dal momento in cui si è iscritto in Psicologia ha sviluppato l'arma della telepatia, utilissima in guerra. E' capace di prevedere le mosse del nemico un secondo prima che accadano e se ci sono telecamere nei dintorni ha sempre una chaff grenade in tasca.
E' stato arruolato dai Tombaroli quando riuscì nell'impresa di scambiare indisturbato le etichette dei prezzi dei prodotti dell'Auchan per tre ore e quaranta di fila, prima di venire arrestato.
Sfortunatamente l'assalto alla Chiesa è tutto fuorchè un compito adatto alle sue capacità, ma in caso di arrivo della polizia sarà lui a scamparla camuffandosi senza respiro fra gli alberi. Non è poco.
Lidio: è l'esperto nautico del gruppo. La traversata verso l'isolotto è meno rischiosa da quando i Tombaroli hanno trovato un uomo per il quale il mare non ha segreti. Una vita spesa presso la Voyenno-Morskoj Flot, la marina militare russa, la sua esperienza risulterà di vitale importanza al momento di gonfiare il canotto.
Io: è il bardo del gruppo. Il suo compito è simile a quello del soldato Emi, ovvero caricare di straordinaria importanza e colorare di idiozia le avventure di un gruppo di cialtroni che non ha niente di meglio da fare.


Nella foto in alto, verso la Chiesa un po' come lo sbarco in Normandia: attracca e prega.

mercredi 5 décembre 2007

Il ritorno dei Tombaroli - Al falegname la sega...


Rewind: Il ritorno dei Tombaroli - Trailer
Rewind:
Il ritorno dei Tombaroli - La leggenda della donna che...


...allo scultore lo scalpello, al vigile il fischietto, al tombarolo il canotto.
Usiamolo.


Nella foto in alto, la traversata in materassino è consigliata solo a chi preferisce le esperienze al limite. Hardcore puro.

mardi 4 décembre 2007

Il ritorno dei Tombaroli - La leggenda della donna che cammina sull'acqua


Rewind: Il ritorno dei Tombaroli - Trailer

La chiesa di San Sebastiano svetta dall'isolotto che poco prima di Isili è circondato da un lago. Secoli fa la cima del promontorio ospitava la magione del Conte Murgia, della sua famiglia e, indirettamente, della sua fedele servitù.


L'anziano Conte regnava su tutto il Sarcidano ma nessuno poteva azzardare di averlo mai incontrato per le vie della capitale Isili o nelle anguste strade di Gergei ed Escolca. Il Conte, d'altro canto, non ne avrebbe tratto profitto alcuno se è vero come si racconta che la propria indole tirannica era mal digerita dai sudditi, i quali mai accettarono la sua profonda avversione per i malloreddus alla campidanese; intorno alla metà del secolo XIII con l'Editto Vis Roboris si bandiva infatti dai suoi reami la coltivazione dello zafferano, indispensabile per la creazione dello squisito sugo di cui tutta la popolazione era ghiotta.
Secondo gli storici fu tale la motivazione che spinse il Conte Murgia a fuggire dal Sarcidano, assediato dai cittadini ormai stufi di insipidi gnocchi senza particolari condimenti.


Accanto alla Storia, con un timbro di voce forse meno autorevole ma certo più ammaliante, il Mito racconta che prima di lasciare il Sarcidano egli macchiò le pareti delle sue stanze con il sangue dei membri della servitù e dei suoi piccoli figli, uccisi e abbandonati nel silenzio apatico del proprio rifugio eremita; solo alla moglie venne risparmiata l'onta della violenza sanguinaria: il suo corpo, appesantito da un pesante cubo di terracotta legato saldo alle caviglie, venne affidato all'inclemenza del lago.
Ancora oggi, quando il sole è tramontato, si possono udire le urla di implorazione di Lady Murgia emergere dalle acque e fendere la notte sarcidanese.
Qualcuno si spinge oltre e racconta di aver visto la donna passeggiare per le sponde del lago. Bellissima e eterea, avvolta in un saio mai bianco quanto il suo volto pallido e privato dell'emozione, trascina le gambe e fluttua a contatto con lo specchio d'acqua per poi levitare e scomparire all'interno della Chiesa di San Sebastiano, sorta sotto cattivi auspici là dove un giorno la luce delle stelle rifletteva sulle imponenti vetrate della magione.


Nella foto in alto, Lady Murgia secondo l'iconografia popolare.

Fastforward: Il ritorno dei Tombaroli - Al falegname la sega...

mardi 27 novembre 2007

Il ritorno dei Tombaroli - Trailer


La tensione verso l'ignoto e l'appagante brivido del pericolo sono ricordi sbiaditi, ma i Tombaroli non sono morti. Loro attendono assopiti. Tutti all'unisono, poi, si svegliano.
Perchè un segnale vibra nell'aria su frequenze inascoltabili per chi non ha l'Anello.
Perchè solo loro possono udirlo e tradurlo in una nuova sfida.
In un'avventura dall'esito incerto.
Dentro quella chiesa c'è la soluzione. Forse il segreto di Tuvixeddu non è svelato e arcane creature riemergono dal passato. Bramano vendetta. Distruggeranno il mondo.
I Tombaroli però sono tornati.
Con:
Uno studente.
Un altro studente.
Un altro studente ancora.
E chi vuole venire.

Mari da solcare.
Vette da scalare.
Luoghi sacri da conquistare.

Metà dicembre 2007. Vicino a Isili.


Nella foto in alto, l'impresa definitiva: come Indiana Jones alla ricerca del Graal, ma senza bionde al seguito.

Fastforward: Il ritorno dei Tombaroli - La leggenda della donna che...

Fastforward: Il ritorno dei Tombaroli - Al falegname la sega...

vendredi 23 novembre 2007

L'oblò, ore dopo




Avevo escogitato con i tattici un piano ingegnoso.
Abbiamo provato a stanare il jeans con la centrifuga.
Ha funzionato e al termine del secondo lavaggio l'oblò si è aperto. La lavatrice ha gettato la spugna. Come mi vengono?
Fuori i paparazzi erano accorsi come sciacalli e i cacciatori di taglie cercavano di arrivare alle loro prede prima di noi, senza poi riuscirci. Purtroppo il sollievo è durato poco perchè la pazzia del jeans ha provocato una vittima e si tratta proprio della felpa bianca che ho comprato a Parigi.
Ora è diventata una felpa bianca coi pois blu (puà) del colore della maglietta tarocca di Marco Materazzi.
Non scherzo, me la sono proprio tirata addosso.
Avrei dovuto comprare il Coccolino, ma mi sembrava una spesa superflua.
Ora è troppo tardi per tornare indietro.

Nella foto in alto: la prossima volta chiamo lui.

E guardo il mondo dall'oblò...



Ho la roba nella lavatrice da due giorni e oggi mi sono deciso a levarla fuori. Puzza, e poi siamo in cinque in casa, tutti hanno il diritto di levare le marche da bollo dalle proprie mutande.
Il problema è che ho trovato lo sportellino bloccato, i panni si sono barricati dentro: tiro forte ma non ne vuole sapere di aprirsi. Il jeans tiene tutti in ostaggio e ha minacciato di far fuori la felpa bianca che mi piace tanto. E' già arrivata la richiesta di riscatto all'Oviesse: si scatenano i cacciatori di taglie. Bella questa.
Ho chiesto aiuto ad Anna confidando nelle proprietà terapeutiche della mano femminile ma il jeans è risoluto, dice che non rilascerà nessuno fino a quando non nutriremo la lavatrice di Coccolino e di costosi ammorbidenti rosa. Le calze, nessuno pensa a quelle povere e indifese calze? Il jeans non sa che i calci allo sportello costano meno, il lettore DVD ne ha già sperimentato l'efficacia.

Nella foto in alto: identikit sommario del sequestratore secondo alcuni passanti.

jeudi 22 novembre 2007

Album giallo - Marioggatto

Rewind: Album giallo - Intro

La storia di Marioggatto è comm(u)ovente.
Marioggatto viveva con la mamma e il papà in via Righi e aveva 30 anni.
Quando ero piccolo mi rassicurava vedere che anche a quell'età si sarebbe potuto continuare a stare coi genitori, in realtà lui aveva dei problemi mentali e loro non erano neanche troppo contenti di averlo in casa. Ma dovevano, poveracci.
Io se avessi un figlio come Marioggatto me ne laverei le mani, pensavo. Lui non era una persona cattiva, e ciò rende quello che ho appena detto disgustoso, ma avreste dovuto vederlo prima di dire che esagero; persone come Marioggatto in casa ti rendono impossibile l'esistenza, e tante grazie al buonismo.
Invece mi immagino Fabrizio Frizzi che ospita Marioggatto durante la maratona di Telethon (a proposito, esiste ancora?) e lo tratta come un caso umano.
In sovraimpressione, i numeri da chiamare per fargli un'offerta. Dai, esorta il Fabrizio nazionale dagli schermi di Rai2, possiamo fare qualcosa per il nostro amico anche con un solo piccolo contributo da casa. Poi Marioggatto esce dagli studi di Piazza Grande accompagnato da un lungo applauso, mostra i suoi denti caramellati al pubblico e ritorna alla vita di tutti i giorni, al suo ruolo di psicopatico scartato dalla società che vegeta in un quartiere popolare con i suoi. Ve l'avevo detto che era comm(u)ovente.
Mariogatto è però leggenda.
Il giorno del compleanno della mamma si presentò in casa con un regalo, una padella nera antiaderente nuova fiammante. In quegli anni la padella antiaderente era l'ultimo residuato della tecnologia e Mario non poteva spendere certo più soldi di quelli che il sussidio di disoccupazione consentiva. A dispetto delle apparenze si trattava di un cadeau mica da ridere.
Il mito narra che Mario ebbe l'incoscienza di consegnare il regalo alla madre impegnata in una furibonda lite verbale col marito; questa, sicuramente non consapevole della bontà della piastra antiaderente, utilizzò il tegame per avvalorare ancora più la sua tesi scagliandola violenta contro il padre.
Mario assisteva più intontito del normale alla scena e vide il prezioso presente sibilare sopra la testa del babbo per poi fendere l'aria fuori dalla finestra.
Mario, che non aveva tutte le rotelle a posto, scattò come un centrometrista e si lanciò dal secondo piano per salvare una teglia che aveva già cozzato al suolo qualche secondo prima. Dalla padella alla brace, direbbe qualcuno. Ma lui non morì. Questo è mito che circonda l'ascesa di Marioggatto, l'uomo dalle sette vite. Si narra che si rialzò da terra pochi istanti dopo, afferrò la padella e accarazzandola risalì le scale di casa. Non so se sia vero.

Nella foto: veduta aerea del luogo che ospita la favola, citato dal sito sardegnacultura.it come fulgido esempio di architettura contemporanea. Burp.


Album giallo - Intro


In classe mia, alle medie, c'era Mirkollesettebugie.
Lui era chiamato così perchè se non ne diceva una si sentiva male. Aveva gli occhiali e il fare da bullo.
Mirkollesettebugie sapeva il fatto suo e non improvvisava mai se non ispirato dal suo talento innato: non era uno di quei cazzeri che amano la quantità fino a non potere più essere presi sul serio.
Lui puntava tutto sulla qualità, come i grandi maestri del genere, e le sue erano bugie con in più la carica onirica e persuasiva delle favole. Le sue verità, una volta smascherate erano talmente affascinanti che il passo successivo non era la bugia ma la leggenda. Mi chiedo se esagero. Le leggende sono roba di millenni fa, secoli se sono fresche di nomina, non si scomodano mica per Mirkollesettebugie che ora ha la mia età.
Certo, esistono le 'leggende viventi', ma francamente quello è un appellativo che sento riferito solo a qualche mito dello spettacolo, del cinema o della musica...non ha niente a che fare con Mirkollesettebugie.
Ad ogni modo, io lo conoscevo da quando si chiamava solo Mirko e di bugie ne diceva già tante.
Mirkollesettebugie sosteneva di avere il padre finanziere e un rottweiler feroce in giardino, quando in realtà abitava in un bilocale in Via Righi al C.E.P, il babbo era guardia giurata all'ipermercato di zona e il mastino uno spelacchiato pastore tedesco: io ci ho creduto per anni e un po' lo invidiavo.
Insieme però formavamo un duo imbattibile nelle gare di pallacanestro durante la ricreazione: se tirare la palla di scotch e carta dal secondo banco verso il cestino dei rifiuti ti dava due punti, dal terzo te ne dava tre. Il tiro da cinque punti lo potevi ottenere tirando dall'angolo opposto dell'aula, ma era come lanciare una preghiera in cielo. No, non era proprio pallacanestro e anzi sembra una puttanata, lo ammetto, invece per un anno e più metà della classe era divisa in squadre da due. Tornei, competizione, statistiche al tiro, calci di frustrazione... era una roba seria. Ma sto divagando: l'album giallo è un libro di storie noiose, una carrellata di paesaggi spogli e uno sguardo su dei personaggi trascurabili. Per questo motivo ogni tanto parlo d'altro.

Nella foto in alto: la copertina.

Fast-Forward: Album Giallo - Marioggatto

mercredi 21 novembre 2007

Via le mani dagli occhi

Oggi è uno di quei giorni che vorresti fossero serviti a qualcosa, quelli nei quali cerchi di convincerti di aver fatto la scelta migliore, di avere preso la tua vita per il collo per farle capire chi comanda.
Eppure i rapporti personali sono così complicati che non esiste panacea efficace fino in fondo. Penso già di aver sbagliato, ma agisco sempre così d'istinto, perchè?
Forse perchè amicizia e amore sono le parole più inflazionate del mondo ma anche le più vuote e insignificanti, degli iperonimi che mangiano e nascondono così tante sfumature da risultare perfino offensivi verso quei sentimenti che pretendono di definire. Così mi trovo ad aver detto addio ad una persona cui tengo più di ogni altra cosa perchè mancano i vocaboli che riescano a inquadrare il nostro rapporto, perchè quelle sfumature non hanno nome e mi perseguitano. Identificatevi, se ne avete il coraggio. Vi rompo il culo, una volta o l'altra, questa non ve la perdonerò mai.

mardi 20 novembre 2007

Le vie del Signore sono infinite


Beato lui che ne ha così tante: le mie in questo momento si riducono a due e non sono neanche asfaltate.
Credo che a venticinque anni sia arrivato il momento giusto per seguire l'istinto senza voltarsi, quell'istinto però che però a volte si camuffa con la stravaganza e allora è complicato lasciarsi trascinare. Capire cosa sussurra nel suo linguaggio Morse fatto di fitte al cuore dall'intensità variabile.
Mi ha appena chiamato mio padre e gli ho spiegato che qui, forse, non ho più stimoli. Studiare non mi realizza e dare esami è divenuto come il trascinare pietre su pietre per costruire una piramide dall'utilità dubbia. Allora come comportarsi? Rinunciare per fare cosa? Lavorare, ma dove?
Buttare all'aria anni di studio per accontentarsi, sacrificare la laurea sull'altare dell'indipendenza economica o attendere in cerca di nuovi pungoli? Intanto, metto in standby e lascio la batteria a caricare.

Nella foto in alto: un tentativo vano.

lundi 19 novembre 2007

Sbagliando s'impara

LINK

Chiudono la curva. Puniscono un essere inanimato.
Come se un ospite indisciplinato non venisse cacciato di casa ma buttata fuori la sedia dov'era seduto.

dimanche 18 novembre 2007

Be my guest - Vol. I




Punto della situazione.

La facoltà, avamposto senza tempo, tre anni letteralmente volati, colleghi che si avvicendavano come piani di studio. Chi non riusciva a galleggiare rinunciava ai buoni propositi maturati dopo il liceo, chi, come noi, cercava di tenere duro, rischiava di rimetterci neuroni, potenza sessuale e lavoro.
Dalla quarta lezione passò anche la voglia di ridere di quell’uomo. Correva voce, di fatto, che anni addietro avesse subito un delicato intervento al cervello. Alla notizia, letteralmente mi sentii un essere infimo, sentimento condiviso all’unanimità dai colleghi. Il corso si avviava alla conclusione e tutto, tranne lo studio ovviamente, pareva procedere a gonfie vele. La storia con Giorgia si era stabilizzata come l’elettroencefalogramma di un cadavere. Avevamo concordato che sarebbe stato meglio, per entrambi, ridurre la frequenza delle nostre uscite. Ognuno di noi doveva dedicare tempo a sé stesso, non rinunciare alla sua propria sfera privata, evitare di trascinare l’altro in un turbolento vortice depressivo.
Cominciavo, ciò nonostante, ad intuire qualcosa di strano, di latente, nel comportamento di lei. Sembrava mi nascondesse qualcosa, tramasse. Non le porsi alcuna domanda, se avesse avuto qualcosa da dirmi, avrebbe dovuto farlo di sua iniziativa. E poi non riuscivo a trovare il pretesto giusto per chiederle spiegazioni quanto la sua reticenza. Una riflessione sulla sua crisi familiare mi aiutò a metterci una pietra sopra e a continuare come se nulla fosse, pienamente persuaso che anche lei potesse avere liberamente i suoi dubbi e i suoi pensieri, e poterli non condividere con me. Ma era una sensazione strana quella che mi avvinghiava le viscere ottenebrandomi il karma. Credevo di star bene invece, vivevo una strana atmosfera di attesa, ma di che?
Il corso di Trip era oramai terminato, tutti prendemmo trenta, logicamente, data la situazione, senza soddisfazione alcuna. Eppure il mio cervello seguitava a ruminare strani pensieri, ancora poco chiari, poco definiti, in attesa di essere contornati.
Tanti pensieri in fila d’attesa, tutti col numeretto in mano, in procinto di essere destinati, ma dove?
La mia mente tornò a quell’interminabile girovagare dei primi due anni, trascorsi nel contempo da solo e con gli amici. Una doppia natura tornava a imperversare nel mio irto cammino. Una strada tortuosa senza pietre miliari. Il rumore dei miei piedi nudi sull’asfalto, buio pesto. Ad entrambi i lati del percorso, steppe interminabili, desolate, come i dedali della mia mente. Solo in mezzo a tanti amici. E in un momento di pace accademica e sentimentale, l’apatia implementò la sua influenza, avvinghiando ogni mio tentativo di riscatto e soffocandolo. Tentativi silvestri di sopravvivenza in giornate fatte di quesiti sull’identità oramai affidata a persone senza senno. Alla deriva come un vascello nelle acque tormentate dalla tempesta. Birra, fumo, birra e ancora fumo. Ogni tiro un pensiero diverso, incessante flusso di coscienza alimentato dall’incontro/scontro tra neuroni. Non potevo continuare a stare in casa, ero in preda a un vero e proprio delirium tremens introspettivo. Il mio cervello proiettava la mia figura in futuro remoto, lontano anni luce da quell’attuale locazione temporale. Vecchio e solo, non più ad Armungia, bensì in una palude senza tempo, retto da un bastone, a fissare il flusso continuo di un ruscello, con la voglia di morirci dentro, di essere trascinato dalla vita.
Mi rifilai uno schiaffo e cercai a fatica la porta d’ingresso di casa.
kekkochikachu.

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Nella foto in alto, consigli per il tempo libero.

samedi 17 novembre 2007

"Looking in my mirror, took me by surprise..."

E' gratis!

Segui anche tu le gesta dell'Atletico Meritard e tieni vivo il sogno!
Entrare su fantacalciobologna.blogspot.com è facile!
Bastano un computer con accesso a internet, un paio di striscioni, qualche fumogeno e due coltelli, cosa aspetti?

Per la cronaca...

Succede che quando sei ubriaco fai cose di cui non ti rendi conto.
Ieri notte ho perso l'astuccio del tabacco con tanti filtrini e un bel pacco di cartine.
Devo averlo lasciato cadere in Via del Pratello mentre tornavo a casa barcollando.
Valore della disgrazia: pochi euro. Però me l'avevano regalato per il compleanno...sniff.
Bella serata comunque.

vendredi 16 novembre 2007

Biglie II

Saluto il ragazzo della Securitè che annoiato controlla il mio ID ed entro nel parco. Il suo name tag dice Julien. Alla mia destra il Disneyland Hotel è coperto di un rosa innaturale e sebbene siano solo le dieci e mezzo del mattino i clienti, o come li chiamano qui, i guest, si agitano fra zaini, bottiglie d'acqua, panini e bambini che pressano isterici perchè si entri il più veloce possibile.
Manca poco più di mezz'ora all'inizio della mia giornata e allora affretto il passo verso il Batiment Imagination. Come al solito e nonostante sia estate fuori piove.
Dovrei riuscire a trovare il tempo per un caffè dopo essermi cambiato. La sala d'ingresso è piuttosto affollata di tanti colori che guardano l'ora e si aggiustano in vita il costume per essere pronti allo show: capita spesso che ti diano un pantalone troppo largo un maglione troppo stretto una camicia tanto corta s'il vous plait je voudrais changer. Ci son altre cose da augurarsi quando vai di fretta. Scendo le scale blu e svuoto le mie tasche dai soldi, dal tabacco e dal cellulare prima di aprire il mio armadietto, il mio locker. Due giri a destra al 48, uno a sinistra fino al 7 passando per il primo numero, poi di nuovo a destra per arrivare al 21. Clac.
Un ragazzo nero si cambia qualche armadietto più a destra con parecchia calma, mentre dalla fila AH arrivano voci trafelate e passi veloci di chi è in ritardo ma ha due secondi liberi per un ça va. Non si nega mai a nessuno.
Il pantalone da lavoro è sporco di quella glassa rossa che avvolge le mele caramellate. Quanto sporcano quelle troie. Cambierò solo quello al costuming, la camicia si terrà le sue pieghe e fortunatamente fa tanto caldo da poter evitare di indossare l'orrendo gilet verde; par contre, la cravatta nera trovo che mi doni.
Il ragazzo di colore a fianco ha finito di indossare la divisa del NEB, il complesso di fast food a sfondo dolciario che sta sotto le arcate di Main Street. Il suo nome è Amadou e so cosa vuol dire lavorare al NEB, il massacro. Penso al giorno in cui mi trasferirono lì e mi vengono i brividi, per questo gli sorrido e gli auguro bon courage. Siam tutti accomunati da qualcosa qui, c'è un velo di solidarietà talmente spesso che a volte impedisce pure alla luce di entrare.
Intanto sto al balcone del costuming e c'è una fila della madonna.
L'orologio di Topolino appeso in fondo all'androne mi dice che il caffè salta. Poco male, tanto lo allungano con l'acqua.

Biglie

...

http://mediacenter.corriere.it/MediaCenter/action/player?uuid=794a5616-9390-11dc-a941-0003ba99c53b

jeudi 15 novembre 2007

Le pagelle.

Ned

E' vero, gli americani sono affetti da manie di grandezza, mangiano male e non amano particolarmente la grande Storia, ma dobbiamo loro tante cose, ammettiamolo una volta per tutte: che mondo sarebbe senza George Washington e McDonald's, e i campi da calcetto sarebbero gli stessi privi di questo mastino istancabile dal cuore d'oro? Irrinunciabile, è talmente a suo agio nel rettangolo di gioco che anche se fosse albanese ne parleremmo allo stesso modo. (questa è brutta, poi la taglio)
Voto: 7


Filippo

Come al solito, il Burello si presenta in uno stato di forma impeccabile, frutto dei duri allenamenti a cui si sottopone ogni mattina sù, a trotto per i colli bolognesi. Capita di vederlo all'albeggiare, salire di buon passo via Broccaindosso fino a Strada Maggiore e correre sempre più veloce fino ai viali, prima che nessuno possa neanche immaginare dove si stia dirigendo. Semplicemente scompare. Poi, verso sera, rincasa. Più in forma che mai.
Per il resto, tanto fieno in cascina e il solito fiuto del gol che neanche Inzaghi fatto di coca.
Ma ve lo immaginate Inzaghi, in area di rigore più volte durante una partita, sempre fatto di coca? Un pistino prima della gara e segnerebbe caterve di gol, mentre noi staremo qui a goderci le sue scattose esultanz
e.
Voto: 7


Coinquilino di Fili di cui non ricordo il nome ma che viene da Bergamo mi pare

Alle volte, vorresti iniziare a scrivere ma non ce la fai. La matita, la tastiera, la penna, il calamaio o quello che volete voi, si blocca. Sindrome di Helmut Bradtke, la chiamano.
Helmut Bradtke non lo conosce nessuno perchè era un tale di Mosca che un giorno aveva deciso di scrivere un libro, senza riuscirci. Si era ben organizzato tutto: aveva comprato la carta velina e il calamaio, perchè una volta si usava il calamaio, non è un termine di mia invenzione.
Bene, questo simpatico ometto si sedette davanti alla sua costosa scrivania di ciliegio per quattro lunghi anni, ogni giorno, ogni santo di cristissimo giorno, ma non riuscì a scrivere neanche una parola. Niente di niente. Nemmeno una
sillaba a caso.
Così l'amico Helmut, che non era stupido, ebbe il lampo di genio, la pensata che ti cambia la vita: si fece brevettare all'autorità ospedaliera più vicina. Il dottore che lo ebbe in visita venne candidato al Premio Nobel, non ricordo quale di preciso ma durante la cerimonia venne addirittura applaudito.
Da quel momento in poi, Helmut Bradtke è sinonimo della noia più insopportabile per chi scrive, il blocco. La curiosità sta nell'amore incondizionato che Bradtke riceve dallo scrittore in crisi grazie al paradosso che se non hai idea di che scrivere puoi fare come me e parlare di lui, che fra parentesi nemmeno esiste.


Ah...voto: 7


Varone


Se chiedete di Varone a Salerno sentirete chiaro un grido distinto, El Pibe ce l'abbiamo noi!, e poi tanti strani versi e urlacci in un dialetto per carità bellissimo, ma dal significato difficilmente decifrabile.
In corsa per la Scarpa d'Oro, offre il suo solito contributo di gol e non soffre troppo l'assenza del fratello minore Varino, meno prolifico ma più a suo agio nelle vesti di uomo-assist: come Karl Malone e John Stockton, come Goku e Vegeta che fondendosi in un unico essere non erano solo forti e muscolosi il doppio ma tanto altro, la somma dei fratelli Varone-Varino di solito fa tre. Come i gemelli Derrick, le Kessler, i Power Rangers e mi fermo qui.
Oggi però l'orfano Varone non si comporta come se qualcuno l'avesse abbandonato sul campo, non gli cola mocio dal naso quando insacca con puntualità e non frigna come un trovatello scaricato alla porta del convento più vicino.
Se c'è un'immagine abbastanza radicata che non sopporto è quel filmatino che un po' tutti abbiamo in testa, che ronza senza darci tregua; la suora che accorre all'entrata del convento dopo aver sentito suonare. Si incolla alla porta e indaga dallo spioncino ad altezza d'uomo, senza vedere nessuno al di là. Allora apre cautamente la porta, ricordandosi di avere infilato il chiavistello poco prima: inizialmente titubante e diffidente,
non può far a meno di ospitare sul suo viso tutte le emozioni più cristiane del mondo quando il suo sguardo si abbassa sulla piccola cesta in vimini, dove piange un piccolo bambino in fasce dalle guance rosse. Che carino. Chi ti ha fatto ciò. Come sei sperduto. Vieni fra le braccia del Signore, sia lodata la Madonna. Così fra compassione, misericordia e solidarietà la porta si chiude dietro i due. La suora è talmente cristiana e buona che in quegli istanti fa in tempo pure a perdonare i misteriosi genitori. Amen.
Secondo me vanno diversamente le cose, c'è meno amore e più rompimentodicoglioni per la suora.

Voto: 7





One Winged Angel

http://it.youtube.com/watch?v=q5st0b3ln5U

mercredi 14 novembre 2007

Biglie

La giornata tipo del precario globalizzato.
La sveglia da un bel letto comodo (i miei complimenti, mai provato un materasso così spazioso confortevole) veniva seguita dalla doccia, dalla rasatura, poi dal caffè solubile e infine da una meritata sigaretta. La doccia alle volte si saltava, per il sempre valido principio del tanto-mi-risporco-al-lavoro che ti salva la coscienza (ma non l'ascella) quando sei in ritardo. Uno sguardo veloce agli orari dell'autobus e magari scoprivo di avere ancora qualche minuto.
Allora pensavo alla notte prima e un leggero mal di testa spesso mi ricordava di aver fatto tardi. Ma è normale, c'era una festa e io ero il solo a doversi svegliare alle otto del mattino. Gli altri, facevano quasi tutti closing e si sarebbero alzati beatamente a mezzogiorno. Poco male, la vita alle Pleiades è una ruota che gira.
Il mio coloc però ancora dormiva, bastardo.
La camera in condivisione faceva parte di un grosso impianto residenziale, Les Pleiades, situato non distante dal parco: 30 minuti per il bus diretto, 20 con l'accoppiata bus-treno.
L'ingresso alle residenze era riservato solo a chi effettivamente ci abitava, fatto salvo il diritto di un ospite al giorno, il quale comunque non poteva trattenersi per dormire. Teoricamente, s'intende.
L'entrata dei veicoli era sbarrata da un'asta mobile che si alzava non prima che l'uomo della sicurezza di turno avesse controllato il portabagagli, poteva esserci qualcuno dentro.
Più a destra, i residenti non motorizzati erano gentilmente invitati a comprovare la propria residenza nelle Pleiadi esibendo l'ID alla sicurezza. Questi uomini, tutori dell'ordine dove l'ordine si tutela da solo, meriterebbero un capitolo a parte per la tenerezza che mi facevano: otto ore all'interno dell'angusto e freddo prefabbricato per nani , senza in effetti nulla da fare che guardare la TV e annuire ogni due per tre. A Bologna c'è un uomo simile, in Largo Respighi, guarda i monitor dentro la sua gabbia di vetro e sbadiglia, che dolce.
Il mio preferito era Mascello, un nero imponente sulla cinquantina dallo sguardo massiccio. Ma non tutti erano simpatici: con qualcuno mi capitò pure di litigarci per motivi futili. A me piace avere una discussione per futili motivi con l'autorità, mi sfoga.
Ogni mattina o pomeriggio che fosse, questa era la mia casa che io lasciavo per andare a lavorare. A guadagnarmi la pagnotta...come suona bene. Giravo le chiavi ed ero fuori dal Batiment 11, uno dei dodici edifici che componevano il complesso: tutti rigorosamente uguali fra loro, immersi nel verde e circondati dal filo spinato. Per chi ha visto Lost è semplice spostarsi col pensiero fino alle residenze degli Others, per averne un'idea. Sigaretta in bocca, saluto Mascello e mi dirigo verso la fermata del bus, poco più avanti, in Boulevard des Champs de Moulin (...). Il pensiero va al lavoro, al denaro, a chi reincontrerò al rientro e a un'estate diversa da qualsiasi cosa. Sperando di non essermi dimenticato niente...

Biglie II

Frozen

Fuori fa un freddo cane e non è certo il giorno giusto per uscire. Son tornato qualche ora fa e il gelo ha fatto in tempo a insinuarsi fra le mie chiappe; le deve trovare particolarmente comode, perchè ancora non se ne va. Il pub sotto casa solitamente è pieno di gente urlante, oggi nessuno sembra in vena di festa. Bologna è una città strana: offre tanto, ma ogni tanto chiede qualcosa in cambio.
Da quando sono tornato non riesco più a capirne il linguaggio, vorrei tanto sapere cosa ora mi stia chiedendo, se mi supplica di restare o se mi invita a raccogliere baracca e burattini.
Una città, certe cose prova a dirtele.

L'opposto parte 2

In quei posti ha vissuto il giorno più bello della sua vita. E allora un grazie è d'obbligo. Non so quanto normalmente sia semplice stilare la classifica, la hit dei propri giorni più significativi, ma il suo tentativo, da qualche mese a oggi, si risolve in un lampo. Intendiamoci, al secondo posto c'è una bagarre che non vi dico, ma il gradino più alto del podio è fresco di inamovibile conquista.
Lui che ha chiaro, lui che conosce come si manifesta, lui che potrebbe raccontarlo e senza dubbi, si sente fortunato: chi può dire lo stesso, di aver netta nella testa la consapevolezza di averlo vissuto?

L'opposto parte 1

L'opposto parte 1.1

mardi 13 novembre 2007

Lire

- La più grande balena morta della Lombardia, Aldo Nove, Einaudi
- Con gli occhi a mandorla, Ponticello-Scrivo, Tunuè
- Tempo fuori luogo, P.K. Dick, Sellerio
- La scomparsa dei fatti, Marco Travaglio, Il saggiatore
- Il Piacere, G. D'Annunzio, Mondadori
- Il piccolo principe, Saint-Exupery, Bompiani

lundi 12 novembre 2007

L' opposto parte 1.1

La cattedrale è gradevole solo per gli ospiti che si fanno raggirare. Quelli più accorti si riconoscono dal viso pallido e disincantato, sbuffano e non vedono l'ora di tornare in albergo; qualcuno maledice addirittura il giorno in cui ha deciso di avere figli. Purtroppo o per fortuna, se ne vedono pochissimi di questi. La maggior parte di loro è viceversa contenta di farsi portare a spasso fra un'attrazione e una boutique con in mano un lecca lecca da cinque euro: si agitano come formiche a cui sia stato interrotto con un bastoncino il flusso della coda, vecchi, adulti e bambini drogati da un'overdose di zuccheri che priva loro della facoltà di capire cosa effettivamente stiano facendo. Soldi, soldi, soldi, anch'io voglio tanti soldi per comprare un palloncino di Minnie gonfiato ad elio e un hot dog da 3 centesimi la salsiccia. Posso ammettere però come sia appagante lasciarsi fregare salute e denaro per buttarsi alle spalle un paio d'ore la realtà, ne può valere la pena. Dunque ho poco da fare il rompicoglioni moralista, specie a pensare che lavorare in quel posto mi è pure piaciuto.


L'opposto parte 1
L'opposto parte 2

dimanche 11 novembre 2007

L'opposto parte 1

Serris è un comune a 35 minuti di RER da Parigi. Questa estate ho trascorso lì il mio tempo. Lunghi viali ordinatissimi colorati di verde, folte schiere di pulite case dal neanche troppo vago sapore anglosassone, un lago finto e un immenso centro commerciale che domina lo sfondo, come un'antica magione sulla collina. Poi strade perfette, e ancora strade, infine qualche abitazione. Non un panettiere, non un tabacchi, figurarsi un'edicola. La magione sulla collina ha divorato ogni cosa.
Nel mezzo di questo paesaggio, la notte, se guardate in alto, vedrete cinque fasci di luce potentissima che tagliano le tenebre e si agitano come tante matite impazzite. E' il parco comunemente noto con il nome di EuroDisney che marca la sua presenza fino a notte fonda.
Come se la gente di Serris potesse mai far finta di ignorarlo, poichè è dappertutto: una cattedrale nel deserto che risucchia la fisicità di quei luoghi per riciclarla al suo interno e dare linfa alla sua ingorda macchina fabbricasogni e tritasoldi. I chilometri che circondano il parco dei sogni sono talmente spersonalizzati che puzzano di cadavere, annichiliti dalla mancanza di risorse vitali come l'individualità e l'iniziativa, tutte manifestazioni rigorosamente probite nel mondo di zucchero. Dev'essere così difficile riuscire a far dimenticare alla gente quanto faccia schifo il mondo reale che son stati così ingegnosi da crearne uno finto: fa ancora più schifo, ma ammalia e seduce. Clap.

L'opposto parte 1.1
L'opposto parte 2

Reset

Ovunque vada, il mio letto ha sempre il lato sinistro adagiato sul muro e il comodino è alla mia destra una presenza immancabile: lo uso come pattumiera, ci appoggio tutto, dal cibo alla cenere delle sigarette. E questo ovunque vada.
Mi sto affezionando alla decrepita Samsonite che ormai urla perchè sia risparmiata, sostituita da un più comodo trolley e resa felice dal poter appendere l'aereo al chiodo. Quando penso che perfino ha dovuto soffrire quell'agonia irriducibile del viaggio in Tirrenia, divento rosso e vorrei chiederle scusa. Ma non dico niente, mi tappo la bocca e sto zitto, così continuerò a portarmela in giro ovunque vada.
Ovunque vada, ci sono delle cose che non cambiano e tante altre che lo fanno senza neppure chiederti il permesso. E' questo il bello di andare, partire senza progetti, animati da un briciolo di irresistibile immaturità, così forte che la sua pressione arriverebbe a stuprarti, se solo tu non ti lasciassi ammaliare dalla sua immensa abilità persuasiva.
Penso spesso che la nostra sia una generazione fortunata se ha la possibilità di cambiare, di resettare. I confini delle città sono per noi diventati gabbie anguste, il territorio della nostra nazione un limite da valicare il più possibile. Cazzo, la facoltà di resettare, sperimentare tutte le personalità che ti mancano, mio padre non ce l'aveva mica. Mio nonno se aveva culo si spostava in bici. .
Il massimo che papà poteva organizzare era un trapianto della sua vita da Nuoro a Sassari, sai che forza; la disposizione del suo letto e del comodino di lato non sarebbero state le uniche vecchie abitudini ancora vive.
Però è anche bello tornare, e allora io, ovunque vada, non afferro dove stia la magia. Il senso del viaggio è nel contatto con un diverso punto di vista, nella prospettiva di un sicuro e caldo ritorno
o nell'affezionarsi a una valigia? Non so.
Per me, il senso del viaggio lo cogli solo quando ti accorgi che il tuo posto è là. Pochi secondi dopo, il senso del viaggio si svela senza segreti. Pagherei.