lundi 6 avril 2009

samedi 4 avril 2009

Lesa maestà

Video


Tremonti sostanzialmente ammette che il G20, come la logica ci aveva fatto già intuire - almeno spero sia così per tutti- è una sorta di baracconata cerimoniale dove i leader si mostrano uniti e sorridenti, "si applaudono da soli", vanno a cena, prendono il thè con la regina, discutono di fronte alle prelibate pietanze stravaccati a Downing Street, fanno la foto di gruppo e immagino siano ogni momento circondati dalle carte e dai telefoni sempre accesi e da uno staff imponente che fa quel che deve fare. Ovviamente dopo cena, prima mangiano.

Nel caso di un problema così vasto e tecnico come la crisi finanziaria-economica, la comprensione ai fini di un recupero - qualsiasi cosa si intenda con questa parola vuota - è materia di competenza dei ministeri appositi che a loro volta chiedono orde di consulenze provenienti da un ristrettissimo "mondo" perchè l'argomento è MOLTO complicato, tanto che non troppi hanno la chiave e perciò non è difficile essere mal consigliati. I leader si limitano ad ascoltare o studiare il riassunto dei lavori e delle conclusioni propri tecnici, meglio se accompagnati da qualche disegnino, per poi ratificare o bocciare secondo interessi e influenze varie o per più o meno libera scelta personale.

Insomma, Tremonti percula un po' Berlusconi sulla reale capacità dei leader mondiali, presi singolarmente, anche solo di comprendere questa crisi strutturale, figuriamoci di poterla risolvere, peraltro provando a mettere le pezze. Perchè questo si sta facendo, ma è un altro discorso.
Berlusconi così si sente un po' messo all'angolo e replica con una sottilezza d'oltralpe, come i veri bulli di paese: ammansito Tremonti - che non ha osato replicare al richiamo all'ordine - ma ancora ferito nell'orgoglio da tale lesa maestà, l'affronto più grave che egli possa concepire, ha pensato bene di minacciare una giornalista a caso e ricordarci che nel salotto di casa sua si fanno le nomine Rai.
Prima o poi arriverà ad ammettere perfino che le audizioni per ministeri e scranni parlamentari al femminile si svolgono in camera da letto, è solo questione di tempo.

mercredi 1 avril 2009

La guerra delle macchine



Londra si preparava da settimane per accogliere gli uomini più potenti della Terra, almeno teoricamente.
Lo ha fatto non badando a spese, otto milioni di sterline investite solo nella sicurezza.
L'usuale balletto delle cifre sul numero dei manifestanti presenti va dalle 4.000 fino alle 8.000 persone. Le solite stime conservative a cui siamo abituati, ma constatarlo di persona fa un certo effetto. Diecimila poliziotti impegnati più cavalleria e cingolati.
Si parla anche di un morto e i servizi sui siti d'informazione ufficiale più conosciuti snocciolano tafferugli e foto che lasciano poco spazio all'immaginazione. Alle motivazioni della protesta son dedicati brevi accenni, risolti spesso nell'applicazione di un'etichetta che lascia al lettore ingenuo il compito di riempirla di significato secondo i valori di cui gli autori di "tafferugli", "scontri" e "inciviltà", a suo giudizio, possono farsi fregio. Si desume che i "no-global", gli "anarchici", gli "anti-capitalisti", i "pacifisti" e le ulteriori banali categorizzazioni siano un "rifiuto sociale" da emarginare e reprimere negli occhi di chi legge in buona fede certi articoli e servizi che fanno opinione, grondanti di subdola propaganda.

Sono andato via alle 15, dopo circa tre ore e mezzo nelle quali ho assistito a una piazza tutto sommato tranquilla perche riusciva a incanalare la protesta e il malumore nei binari della creatività, inebriata dall'euforia di avere finalmente un palcoscenico nel quale mostrarsi. C'era gente molto diversa e di tutte le età ma con un denominatore comune: la mancanza di rappresentanza. Nessuno dei 4mila, 8mila che fossero - per me erano molti di più - ha un referente al quale appellarsi. Questo è un problema. Girava ogni tanto qualcuno che nascondeva la testa sotto il cappuccio, ma l'integrità della protesta girava per la piazza a testa alta fra colori, ingegno, stramberia e tante domande ineccepibili.
Possiamo fare qualunque discorso utile a rimarcare la bassezza della violenza e del malumore che si tramuta in offesa fisica che non avremmo mai torto.
Poi però bisognerebbe andare oltre; la piazza della City che ospita la Bank of England oggi si è trovata di fronte a quesiti che è meglio non escano mai puliti da questi avvenimenti.

Le cinque uscite sono stata serrate a doppia mandata dai cordoni della polizia londinese che in uno spiegamento di forze a mio parere eccessivo rinchiudevano i manifestanti all'interno del loro territorio di protesta. La tecnica è quella del "kettling": nessuno dei manifestanti, per più di tre ore, venne autorizzato a lasciare la piazza. Si poteva avvertire il disagio di molti che si accalcavano alle uscite chiedendo di abbandonare il luogo e defluire per le vie laterali ma venivano trattenuti contro la loro volontà, tanto che l'urlo "let us out" riecheggiò più volte, ora da un angolo della piazza ora dall'altro.

«Questa è una protesta pacifica, ma ci tengono in gabbia come animali - dice un 40enneriportato dal Corriere-. Se accadranno episodi violenti sarà solo perché non ci lasciano uscire»
.
E' un po' ciò che pensavo io mentre scattavo qualche foto ai curiosi striscioni che rendevano le persone tutte da leggere, per poi trovarsi a sorridere amaro.
Sarebbe troppo facile notare la perversione retorica che si impossessa di una situazione del genere, gli slanci orwelliani possibili quando il dissenso viene fisicamente confinato in una gabbia e tenuto chiuso come un animale fino a quando, affamato e in tensione, non viene liberato per le strade. Un morto, diverse banche assaltate, decine di arresti. Eppure qualcosa non torna.

I poliziotti assiepati intorno alla piazza filmavano i manifestanti. I manifestanti, in massa, brandendo le loro macchine fotografiche e videocamere come manganelli, filmavano i poliziotti.
Tutti fotografavano tutti, ogni urlo, ogni canzone, ogni richiesta d'aiuto, tutte le provocazioni e tutti i dubbi sono stati impressi su pellicola digitale. Se negli anni '70 il movimento di protesta proclamava la sua indipendenza dal pensiero unico attraverso l'arma della liberazione sessuale, oggi è tutto nelle mani di internet, fotocamere e moderni apparecchi digitali con cui l'uomo vorrebbe, questa volta con successo, provare a posizionarsi al primo posto nella lista delle priorità. La fiducia è poca, l'avversario rodato.

Lo scenario di un mondo squarciato dalla supremazia della fredda tecnologia nei confronti della creatività umana è una macabra fantasia cyberpunk tanto cara a scrittori e registi spesso poco ispirati che inizia ad acquistare sapore, una diversa luce: a differenza di quanto pensavano, le "macchine" potrebbero essere dalla nostra parte.