mercredi 1 avril 2009

La guerra delle macchine



Londra si preparava da settimane per accogliere gli uomini più potenti della Terra, almeno teoricamente.
Lo ha fatto non badando a spese, otto milioni di sterline investite solo nella sicurezza.
L'usuale balletto delle cifre sul numero dei manifestanti presenti va dalle 4.000 fino alle 8.000 persone. Le solite stime conservative a cui siamo abituati, ma constatarlo di persona fa un certo effetto. Diecimila poliziotti impegnati più cavalleria e cingolati.
Si parla anche di un morto e i servizi sui siti d'informazione ufficiale più conosciuti snocciolano tafferugli e foto che lasciano poco spazio all'immaginazione. Alle motivazioni della protesta son dedicati brevi accenni, risolti spesso nell'applicazione di un'etichetta che lascia al lettore ingenuo il compito di riempirla di significato secondo i valori di cui gli autori di "tafferugli", "scontri" e "inciviltà", a suo giudizio, possono farsi fregio. Si desume che i "no-global", gli "anarchici", gli "anti-capitalisti", i "pacifisti" e le ulteriori banali categorizzazioni siano un "rifiuto sociale" da emarginare e reprimere negli occhi di chi legge in buona fede certi articoli e servizi che fanno opinione, grondanti di subdola propaganda.

Sono andato via alle 15, dopo circa tre ore e mezzo nelle quali ho assistito a una piazza tutto sommato tranquilla perche riusciva a incanalare la protesta e il malumore nei binari della creatività, inebriata dall'euforia di avere finalmente un palcoscenico nel quale mostrarsi. C'era gente molto diversa e di tutte le età ma con un denominatore comune: la mancanza di rappresentanza. Nessuno dei 4mila, 8mila che fossero - per me erano molti di più - ha un referente al quale appellarsi. Questo è un problema. Girava ogni tanto qualcuno che nascondeva la testa sotto il cappuccio, ma l'integrità della protesta girava per la piazza a testa alta fra colori, ingegno, stramberia e tante domande ineccepibili.
Possiamo fare qualunque discorso utile a rimarcare la bassezza della violenza e del malumore che si tramuta in offesa fisica che non avremmo mai torto.
Poi però bisognerebbe andare oltre; la piazza della City che ospita la Bank of England oggi si è trovata di fronte a quesiti che è meglio non escano mai puliti da questi avvenimenti.

Le cinque uscite sono stata serrate a doppia mandata dai cordoni della polizia londinese che in uno spiegamento di forze a mio parere eccessivo rinchiudevano i manifestanti all'interno del loro territorio di protesta. La tecnica è quella del "kettling": nessuno dei manifestanti, per più di tre ore, venne autorizzato a lasciare la piazza. Si poteva avvertire il disagio di molti che si accalcavano alle uscite chiedendo di abbandonare il luogo e defluire per le vie laterali ma venivano trattenuti contro la loro volontà, tanto che l'urlo "let us out" riecheggiò più volte, ora da un angolo della piazza ora dall'altro.

«Questa è una protesta pacifica, ma ci tengono in gabbia come animali - dice un 40enneriportato dal Corriere-. Se accadranno episodi violenti sarà solo perché non ci lasciano uscire»
.
E' un po' ciò che pensavo io mentre scattavo qualche foto ai curiosi striscioni che rendevano le persone tutte da leggere, per poi trovarsi a sorridere amaro.
Sarebbe troppo facile notare la perversione retorica che si impossessa di una situazione del genere, gli slanci orwelliani possibili quando il dissenso viene fisicamente confinato in una gabbia e tenuto chiuso come un animale fino a quando, affamato e in tensione, non viene liberato per le strade. Un morto, diverse banche assaltate, decine di arresti. Eppure qualcosa non torna.

I poliziotti assiepati intorno alla piazza filmavano i manifestanti. I manifestanti, in massa, brandendo le loro macchine fotografiche e videocamere come manganelli, filmavano i poliziotti.
Tutti fotografavano tutti, ogni urlo, ogni canzone, ogni richiesta d'aiuto, tutte le provocazioni e tutti i dubbi sono stati impressi su pellicola digitale. Se negli anni '70 il movimento di protesta proclamava la sua indipendenza dal pensiero unico attraverso l'arma della liberazione sessuale, oggi è tutto nelle mani di internet, fotocamere e moderni apparecchi digitali con cui l'uomo vorrebbe, questa volta con successo, provare a posizionarsi al primo posto nella lista delle priorità. La fiducia è poca, l'avversario rodato.

Lo scenario di un mondo squarciato dalla supremazia della fredda tecnologia nei confronti della creatività umana è una macabra fantasia cyberpunk tanto cara a scrittori e registi spesso poco ispirati che inizia ad acquistare sapore, una diversa luce: a differenza di quanto pensavano, le "macchine" potrebbero essere dalla nostra parte.



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