lundi 21 janvier 2008

L'impaginazione automatica del blog fa schifo

Per la prima volta, provando a riconoscere se stesso in una foto di almeno sei anni prima, venne assalito dall’irresolutezza che come una scarica elettrica gli faceva tremare le gambe.

Ecco allora che la sentì tornare.
Quella punta di lancia al cuore che gli aveva sempre detto come agire.
Che non teneva conto dei buoni sentimenti.
Perché non era in grado di concepirli, dunque non aveva mai avuto scelta.
Mithos preferiva che fosse la lancia a dolere e suggerire. Com’era piacevole quella sensazione di essere in balia a una forza superiore, allo svolgersi incontrollabile degli eventi che lo rendeva impotente e per questo felice di esserne pedina non responsabile.
Il vuoto si impadronì di lui e lo risucchiò, Mithos cadeva a velocità soprannaturali, sferzava l’aria che prima o dopo avrebbe lasciato posto a un terreno morbido, inoffensivo, che gli avrebbe attutito la caduta. Mithos precipitava in quel baratro e veniva inebriato dall’impossibilità di combattere la discesa vertiginosa della sua mente, fortificato dalla sicurezza di una risposta finale. Quando poi sarebbe atterrato niente di lui avrebbe sofferto, ma il suo corpo rimbalzato dal suolo amico si sarebbe nuovamente librato in aria per compiere un altro volo, questa volta più pericoloso perché diretto allo schianto con la ragione.
Così si sarebbe sfracellato al suolo, poiché la ragione gli aveva sempre consigliato di amare ma Mithos non le aveva mai dato ascolto. Avrebbe voluto, ma non ne era mai stato capace. Tutto ciò che aveva amato erano state le Milizie, per il resto non provava che indifferenza.
Mentre si contorceva dal dolore, dopo il secondo duro schianto a terra la ragione assumeva la forma di un corvo eburneo che lo scrutava e senza muovere l’aria galleggiava fluttuante nell’aria. Con voce suadente lo spingeva ad amare ma la rovinosa caduta non permetteva mai a Mithos di prestarvi attenzione, reso sordo dalle urla di ferite insostenibili.
L’abisso che mentre teneva in mano il manifesto perduto da Sanzima continuava a trascinarlo verso il fondo avrebbe comunque agito e lui non voleva quel corvo avesse la meglio, perché in passato si era sempre sbagliato: l’unica volta che amò diventò adulto e perse l’illusione fanciullesca del mondo. Mithos allora atterrò la prima volta, sorrise, venne placidamente rispedito in aria e prima della successiva discesa si svegliò con la risposta.
La ragione non gli era mai servita se non per struggersi di fronte alla consapevolezza della propria apatia , e questa volta riuscì a destarsi prima di soffrire. Decise di farsi guidare dal proprio istinto che ora fluoresceva limpido e si mostrava senza segreti nei suoi effetti più immediati.
Aprì gli occhi fino a sgranarli.

Lasciò cadere il foglio con la sua foto segnaletica che si sdraiò sopra il tavolo.
Quando si accorse che le gambe non tremavano più si diresse a passo fermo verso la grande credenza della cucina. All’esterno della casa, dietro i grandi vasi gravidi di gerani, il vecchio Sanzima oscillava confortato dalla comoda amaca e Mithos avrebbe addirittura potuto sentirlo ronfare se lo sferragliare dei coltelli che la sua mano mescolava nel cassetto non glielo avesse impedito.
Ad ogni modo ne scelse uno, senza particolare cura. Non si chiese per un istante cosa stesse facendo né mai si interrogò sui motivi che ora venivano riflessi dalla lama del coltello (più specifico); durante il breve percorso che lo separava da Sanzima Mithos avvertiva l’incomprensibile volere del destino impadronirsi di lui e trovava conforto dal fatto di non aver ascoltato il corvo, la ragione, l’amore, i dubbi, le domande e tutto ciò che rende insopportabile la vita.
L’apatia regala invece le risposte: infilò l’aguzzo metallo nella gola di Sanzima e ne lasciò il corpo in balia del giaciglio pensile, scalfito dai venti irregolari di quel pomeriggio.
Mithos lo guardò per qualche secondo ansimare e infine perire.
Rientrò in casa e salì di corsa le scale a chiocciola che dal lungo andito antistante la sala da pranzo
portavano in camera sua.

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