mercredi 30 janvier 2008

Grazie Sandro

Mancavano poco più di tre ore al mio aereo per Bologna e ancora non avevo un notebook da portarmi dietro. Tragedia. Poi mio padre arrivò con la soluzione: Sandro il marito di Carla ne ha due. Uno, te lo presta. Dice un po' vecchiotto ma è integro e funzionante.
Felicità.
Come sono materiale a volte.
Così, usciamo di casa un po' prima e andiamo a prenderci ciò che è suo, ma ora è mio: se in questo momento sto scrivendo, è merito suo. Grazie Sandro. Mi hai dato di che fare quando torno stanco dal lavoro e non vedo l'ora di rilassarmi, di scrivere, parlare con qualcuno che è lontano. Magari vive a Parigi, oppure a qualche via da casa mia. Non importa, Sandro lavorava per l'Enel e mi ha prestato il computer portatile aziendale.
Ho un notebook pagato coi soldi dei contribuenti: come si suol dire, va piano perchè consuma poco. Otto giga di hard-disk e una lentezza estenuante di calcolo oggigiorno son difficili da sopportare. Mio padre, per dire, si è appena comprato un portatile talmente all'avanguardia che lo vedevo leggersi il libretto di istruzioni per capire come proseguire. Non riusciva a capacitarsi del nuovo sistema operativo, peraltro identico al precedente. Invece io mi ritrovo a digitare e maledire chi ci fornisce energia elettrica.
Però ringrazio Sandro. E anche la moglie. Mi ha detto che sono gonfio in faccia e io lo prendo come un complimento dal momento che mi sento magro.

Suoniamo alla porta e ci accomodiamo in casa.
La scrivania dello studio cattura subito la mia attenzione, diventa il mio nord e io l'ago della bussola. Quella dolce creatura ansima mentre si sporge dalla valigetta e tenta invano di forzare la chiusura lampo per venirmi incontro. Sandro tira un po', sembra facilitare l'uscita del computer dall'angusta custodia, lascia scorrere un bel pezzo di zip ma poi si perde nel parlarmi delle qualità superate del computer dell'azienda e la sua mano si blocca. Maledizione, sento il cuore battere.
Io non ascolto più, ho occhi solo per il Compaq Armada che guaisce, vede la luce più nitida e piano piano mi mette a fuoco. Mi riconosce come il cucciolo che abbandona la nidata e ti si getta addosso incaricandoti di proteggerlo. Amore a prima vista, impossibile da ignorare.
Carla ride alla mia destra e mio padre sussurra qualcosa, ma sono fuscii confusi, sono completamente rapito, il fiato alla gola fermatosi nella confusione di quel momento sublime.
Quando Sandro finalmente me lo porge l'abbraccio dura troppo poco, avrei voluto coccolarlo per ore; solo qualche istante e Sandro me lo strappa dalle mani per rinchiuderlo ancora nella sua prigione di velcro e stoffa. E' tardi e dobbiamo andare, è un passaggio obbligato.
Con le lacrime agli occhi, giurai che la prima tappa una volta atterrati a Bologna sarebbe stata camera mia. Non per mangiare, nè tantomeno per rivedere qualcuno: esclusivamente per liberarti, cucciolo di Compaq. Sdraiarmi con te e poi guardarsi negli occhi come innamorati.
Hai presente le occasioni in cui se ti concentri vedi riflessa l'emozione altrui e sei convinto lei prima di battere le ciglia ti scavasse dentro? Insomma, quella roba che chiamano feeling, una delle parole più vuote che ci sia.
Non importa che tu sia down, cucciolo mio adorato, hai abbastanza cromosomi da potermi concedere il pozzo di Firefox e il telefono di MSN, soddisfarmi con la carta di Word e allietarmi coi film di Emule.
Non importa che tu sia lento nel pensare, stolto nel ragionare, io ti voglio bene solo perchè esisti.

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